In esclusiva per Sikania Network, l’attore Gianfranco Jannuzzo si è raccontato tra aneddoti, curiosità e progetti futuri, con particolare attenzione allo spettacolo in scena nel prossimo week-end.
Gianfranco, quando e come nasce in te la passione per il teatro?
“Sono sempre percorsi che si fanno a ritroso, già i miei genitori mi raccontavano che all’età di cinque anni, quando andai a trovare mia zia a Chiasso, c’era la tradizione delle orchestrine lungo-lago. Mi fu raccontato che avevo chiesto al direttore d’orchestra se potessi cantare una canzone. Il direttore, vedendomi così piccolo acconsentì e cantai “O chitarra romana” con una faccia tosta che è propria dei bambini di quell’età. Fino ad un certo punto della mia vita quella faccia tosta mi ha accompagnato, adesso ho qualche pudore, anche se poi sul palcoscenico devi essere assolutamente “nudo” perché soprattutto in teatro il pubblico si accorge di tutto. Successivamente sono stato fortunato anche sotto l’aspetto artistico, nell’incontrare ciascuno dei miei compagni di lavoro. Il mio maestro è stato Gigi Proietti, poi ho lavorato con Valeria Morricone, Turi Ferro, Gino Bramieri, insomma con i più grandi.”
Domani e dopodomani sarai in scena qui a Catania, al Teatro Metropolitan, con lo spettacolo “Siciliano per caso?” Cosa ci puoi dire?
“Il titolo è di proposito col punto interrogativo. Raccontai a due amici miei autori, che quando mi sono trasferito a Roma per motivi familiari, parlavo con cadenza strettamente siciliana, e tutti mi chiedevano “Siciliano per caso?” e io rispondevo “No per caso, per scelta. Per nascita.” Inoltre, ricordo che la prima cosa che chiesi ai miei genitori, quando ci trasferimmo, fu la promessa di passare tutte le estati ad Agrigento. Il rapporto con la Sicilia, in tal senso, fu sempre frequente. Con questo spunto così leggero, parlerò nello spettacolo di questi temi che mi stanno a cuore.”
Adesso che vivi stabilmente fuori, cosa ti manca maggiormente della nostra isola?
“Mio padre mi insegnò che la nostalgia si combatte affrontandola. Se ti manca un qualcosa, ci vai, che sia una persona, un luogo o una città. Quindi anche adesso, appena possibile, scendo spesso in Sicilia. E’ un senso d’appartenenza.”
Nella tua carriera, sia teatrale che cinematografica, hai interpretato diversi ruoli. Ce n’è qualcuno in particolare che non hai ancora fatto e che ti piacerebbe poter fare in futuro?
“Io avevo alcuni desideri straordinari e due sono riusciti a realizzarli. Il primo era quello di portare in scena il “Liolà” di Pirandello, che era agrigentino come me. Ricordo che fu un’edizione meravigliosa. Più recentemente, invece, un’altra grande emozione è stata quella di portare in scena “Il Berretto a Sonagli”.
Adesso mi piacerebbe poter realizzare il Cirano di Bergerac che è un personaggio chiave per l’interpretazione degli attori e successivamente l’Enrico IV di Pirandello.”
Quali sono i progetti futuri?
“Avevo in mente alcuni progetti nuovi, ma momentaneamente sono stati tutti sospesi perché i teatri hanno la priorità di recuperare gli spettacoli degli scorsi anni. Questi due anni di fermo per noi del mondo dello spettacolo sono stati una tragedia senza precedenti. Questa sarà una stagione di transizione dove recuperò, anch’io, le varie date.”
Infine, cosa ti senti di poter consigliare ai giovani che vogliono intraprendere questo mestiere?
“Questa può essere la professione più bella del mondo, a patto che si ha la consapevolezza di aver talento, di aver qualcosa da comunicare e soprattutto di fare sacrifici terribili per studiare e cercare di migliorare se stesso. Io non ho nulla contro un ragazzo che vuole copiare artisticamente un altro attore, anzi, può essere utile per avere un punto di riferimento. Sotto questo punto di vista per me il plagio va benissimo, ma bisogna essere sinceri con se stessi, perché se si pensa di fare l’attore o l’attrice per diventare ricco e famoso hai sbagliato completamente. E’ un mestiere durissimo che ti può dare molte soddisfazioni, ma devi essere molto umile.”
Antonio Licitra