Piccolo Teatro della Città: Mario Incudine in scena nel week-end con “Barbablù”

Sabato 12 (ore 21) e domenica 13 marzo (ore 17.30) arriva al Piccolo Teatro della Città, nell’ambito del percorso “55esima stagione”, lo spettacolo che vede in scena il poliedrico Mario Incudine nei panni del cattivo per eccellenza, Barbablù. L’antica favola è un racconto marcatamente noir, i cui contorni rosso sangue attraggono e ripugnano al contempo.

Prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, lo spettacolo è basato sul testo dell’autrice Costanza Di Quattro e si avvale di una ricca colonna musicale firmata dallo stesso Incudine ed eseguita dal vivo da Antonio Vasta. La regia è di Moni Ovadia con la collaborazione di Giampaolo Romania.
Barbablù è una favola nera, immersa fra castelli incantati e chiavette magiche, amori infiniti e amori tragicamente distrutti. In un posto senza spazio, in un tempo che non c’è, Barbablù si racconta a noi attraverso un delirio surreale di lucida follia. Diverso da quello che la letteratura ci ha presentato negli anni, questo Barbablù si apre e si confidanella sua essenza di uomo, di bambino ferito, di amante frustrato, di figlio non amato. Lui, uomo del suo tempo per ogni tempo, ma anche eterno insoddisfatto, cruento assassino. L’intenso monologo racconta la storia del cattivo per eccellenza, i setti amori vissuti, le sette vite distrutte fino all’ultima, l’unica per la quale valeva la pena fermarsi. E non solo alla favola si attiene il racconto perché la verità permea l’andamento dello spettacolo con la verità storiografica di un personaggio realmente esistito il cui nome echeggia ancora nel mondo.

“Ho provato – spiega Costanza Di Quattroa guardare la favola da un’altra prospettiva, ho cercato di dare voci, nomi, personalità e anima alle creature uccise e a quell’ultima che forse rivendica, salva e scuote un intero universo. Raccontare oggi Barbablù significa, dunque, tracciare un percorso di rivoluzione culturale nei confronti di tutte le forme di soggezione psicologica, di soprusi fisici e morali. Perché Barbablù, purtroppo, non è ancora morto”.

“Il testo di Costanza Di Quattro – dice Moni Ovadiaha il merito di spazzare via ogni perniciosa ambiguità e, con una scrittura chiara e densa, getta una luce di inquietante verità su Barbablù, che diventa icona di un mai sopito, cinico maschilismo. Barbablù – continua – è un topos della cultura occidentale. Prima di essere un femminicida, egli è incapace di concepire il femminile come termine relazionale, creando un corto circuito molto diffuso nel maschilismo di oggi. Ho sempre pensato che il maschilismo sia la prima forma di razzismo, matrice di tutti quelli successivi. In Barbablù, l’ombra della violenza di genere si allunga sempre più durante tutto il corso dello spettacolo”.

“La fertilità creativa di Mario Incudine – conclude Ovadia – , il suo innato talento nella parola e nel canto, fanno sì che egli indossi il personaggio, facendone risuonare ogni parola. Incudine non recita Barbablù ma lo incarna, e attraverso la sua voce crea interrogativi, pone domande al pubblico in un continuo gioco di straniamento”.